PERCHE' I TESTIMONI DI GEOVA NON FESTEGGIANO IL NATALE

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ilnonnosa
00domenica 14 dicembre 2008 12:09


Tutti i testimoni di Geova si attengono scrupolosamente alla disciplina della proibizione del S. Natale. Ogni anno, puntualmente, la Torre di Guardia ripete sempre la stessa cosa fino alla nausea.
Il vero cristiano non festeggia certamente una data, ma ricorda con grande gioia che sarà per tutto il popolo: “Oggi nella città di Davide, vi è nato a voi un Salvatore, che è il Messia, il Signore” Lc. 2:10-11 (Garofalo). E allora perché i TdG vogliono proibirci di condividere questa gioia? Perché disinformano i loro adepti che “IL LOGOS” si è fatto Carne ed ha dimorato fra noi?” Gv. 1:14.
I tdG devono sapere che i veri cristiani, ricordano e festeggiano non una data, ma un evento, il più grande evento che ci sia stato nella storia dell’umanità: è un evento BIBLICO SALVIFICO, CIOE’ DIO SI FA UOMO; NASCE L’EMMANUELE (=DIO CON NOI). QUESTO A NOI INTERESSA! La data del 25 dicembre o qualsiasi altro mese o giorno è di secondaria importanza. (Parliamo sempre dei veri cristiani, perché è anche vero, che ci sono cristiani solo di nome e che fanno consistere il Natale solo nei divertimenti) Ma nessuno dei veri cristiani pensa ad un Natale pagano, come erroneamente ripetono i tdG. La Sacra Scrittura è piena di questi annunci. La verità è che Cristo è nato questo ci interessa.

Il geovismo ha circa 130 anni di vita e per oltre 50 anni, sia C.T. Russell, che Rutherford, hanno sempre festeggiato il S. Natale. A informarci sono gli stessi tdG:

“Il giorno di Natale, celebrazione della nascita del nostro caro Redentore, è stato celebrato per secoli nella data del 25 dicembre; e sebbene sia adesso risaputo che si tratta di una data sbagliata, e che essa molto probabilmente corrisponde invece all’annunciazione di Maria, avvenuta nove mesi prima della nascita del Signore, che è avvenuta verso il 1° ottobre, ciò nondimeno, perché il Signore non ha provveduto alcuna istruzione su tale argomento, e perché è appropriato compiere opere buone e coltivare buoni pensieri in questo giorno, non può essere sbagliato che noi, seguendo l’uso generale, ricordiamo come fanno tutti gli altri in questo tempo la nascita del nostro caro Redentore”. (Zion’s Watch Tower, 15 dicembre 1898 p. 2407 delle ristampe)

Nel 1928, come afferma l’Annuario del 1976 a pagina 146, Rutherford, dopo 12 anni della sua presidenza, scoprì che il Natale era di origine pagana, e così impedì ai suoi seguaci, come sempre molto ubbidienti alla voce del padrone, la celebrazione del compleanno di Gesù.

I tdG sostengono che bisogna onorare Gesù Cristo come Re costituito e non come un bambino in una mangiatoia:
“Oggi un altro stratagemma del Diavolo è quello di indurre le persone a considerare Gesù solo come un bambino indifeso” (Torre di Guardia 15/12/1983 p. 9)
La classe di vertice dei tdG ignora o finge di ignorare che Gesù fu Re sin dalla nascita in quanto discendente di Davide: “Dov’è il Re dei Giudei che è nato?” (Mt.2:2).
In oltre, Gesù Cristo è il Figlio di Dio non soltanto da adulto, ma sin dalla sua nascita e quindi sin dalla sua nascita deve essere onorato e adorato (cf. Eb. 1:6).
Il Profeta Isaia lo annuncia, lo loda e lo esalta ancora prima di nascere (Cf. Is. 9:5; Torre di Guardia 15/12/1975 p. 747). Se i testimoni di Geova non affermano questo concetto, rischiano veramente quello che essi stessi scrivono nella citata TdG.:

“Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato”. (Gv. 5:23)

Russell scriveva:

“Solamente associando il bambino di Betlemme al Logos, onde tutte le cose furono create, possiamo comprendere la figura di Gesù”.
(Lo scenario del fotodramma della creazione, 1914 p. 55).

Strano però, mentre il Corpo Direttivo dei tdG afferma che la data in cui è nato Gesù è sconosciuta perché la “Bibbia non dice quando avvenne” (Ascoltate il grande Insegnante, 1972 p. 126; Torre di Guardia, 15/12/1990 p. 4), lo stesso Corpo Direttivo poi stabilisce una data:

“2 a E. V. 1° ottobre nascita di Gesù” (Ausiliario per capire la bibbia, 1984 p. 546).

Sarei proprio curioso di sapere in quale Bibbia compare questa data! Non dicono che “riguardo al giorno e al mese di questa nascita i Vangeli sono muti”? Donde questa pretesa che Gesù sia nato il 1° ottobre?

“Visto che il Natale è essenzialmente pagano, i veri cristiani si devono chiedere se è giusto celebrarlo” (Torre di Guardia, 15/12/1991 p. 4)

Quante cose osservano i tdG che appartengono o derivano prettamente dal paganesimo! Sottoporrei alla loro riflessione solo qualche esempio:

1) I tdG sono informati o meno che i nomi del giorno della settimana hanno matrice pagana (Cf. Svegliatevi! 22/8/1966 p, 19)

2) Che dire poi dei mesi dell’anno? Gennaio è il mese di Giano, dio delle porte; ecc. I Testimoni di Geova si sono fatti i calendari propri completamente diversi, ma i mesi e i giorni sono rimasti uguali.

PERCHE’ LA CHIESA CATTOLICA FESTEGGIA IL S. NATALE IL 25 DICEMBRE?

“Verso l’anno 336 abbiamo notizia di una festa di Natale a Roma, dove veniva celebrata il 25 dicembre. Da S. Agostino veniamo a sapere che anche in Africa, pressappoco allo stesso tempo, si celebrava in uguale data il Natale Il 25 dicembre, evidentemente, non è la data storica della nascita di Gesù, ma è stata scelta nel tentativo, da parte della Chiesa di Roma, di soppiantare la festa pagana del “Natalis (solis) invicti”. Il culto del sole era molto in voga in quel periodo di decadente paganesimo e al solstizio d’inverno avvenivano solenni celebrazioni. Per allontanare i fedeli da queste feste idolatriche, la Chiesa ha richiamato i cristiani a considerare la nascita di Cristo, vera luce che illumina ogni uomo”. (Nuovo Dizionario di liturgia. A cura di D. Sartore e A.M. Triacca. Ed. Paoline 1984 p. 919).
Certamente nessuno dei veri cristiani associa il S. Natale con il paganesimo, come erroneamente ripetono i tdG. Il Natale, dunque, è la commemorazione della nascita di Gesù è fatta per chi gioisce proprio come a suo tempo fecero gli angeli (Cf. Lc. 2:10-14), e questa non è stata mai proibita da Dio. Anzi il primo a festeggiarlo è stato proprio Lui inviando angeli, pastori, e infine i Re Magi.

CIAO. Ilnonnosa.
berescitte
00mercoledì 17 dicembre 2008 18:19
Per me i TG non festeggiano il Natale perché così ha deciso la loro Dirigenza.

E la Dirigenza ha deciso così perchè segue un principio non biblico ma psicologico.

Il Natale è la festa più calda e sentita a livello mondiale, si collega con le ferie dal lavoro, con le tredicesime che permettono di spendere per i regali, con la festa cittadina che si riflette per le vetrine, per le piazze, nelle varie iniziative di concerti, beneficenza, film scelti, musiche, luci, addobbi festosi per le vie, recite scolastiche, tregua nei conflitti...
E come fondo sostanzioso è che è una festa cristiana, inno alla bontà del Signore che si china sulla nostra miseria, invita alla conversione, alla pace, al perdono...
E PERCIO'
è l'occasione migliore perché i TG, incontrando i loro familiari non entrati nel movimento, ripensino (anche aiutati dalle lacrime dei loro bambini deprivati di tanta gioia), ripensino con nostalgia a quando erano tutti riuniti nelle famiglie e tra amici durante il lungo periodo che va da almeno metà dicembre all'Epifania.

Quindi il motivo per cui la Dirigenza ha preso tale decisione è proprio quella di impedire ai suoi adepti l'incontro con familiari e amici e di impedire loro che coltivino quello stesso entusiasmo per l'atmosfera natalizia che potrebbe indurli nella tentazione di tornare indietro.
BUON NATALE A TUTTI!
marcos35
00mercoledì 17 dicembre 2008 18:28
hai ragione
[SM=x570874] per mandenere la supremazia la migliore arma e quella di mandenere il gruppo isolato da altri, altro che monache di clausura, i TDG sono in clausura anche se vivono fra le persone, non riescono a vivere insieme agli altri, si sentono come pesci fuori dell'acqua,tutto quello che al di fuori è cattivo male morto, ma però c'è a chi piace prendere e scappare,,,e poi vanno dal podio a dire state attenti , state londani...... [SM=x570874]
brunodb2
00domenica 28 dicembre 2008 00:54
a proposito ...
leggete il messaggio inserito nella Zion's Watch Tower del 1° dicembre del 1904 a pagina 3468:


“Sebbene il giorno di Natale non sia l’anniversario reale della nascita del nostro Signore, ma più propriamente il giorno dell’annunciazione o la data della sua venuta umana (Luca 1:28) tuttavia, poiché la celebrazione della nascita del nostro Signore non è una questione di decreto, o imposizione divina, ma semplicemente un tributo di rispetto verso di Lui, non è necessario per noi cavillare in particolare sulla data. Noi possiamo unirci al mondo civilizzato celebrando il grande evento sul giorno che celebra la maggioranza – ‘il giorno di Natale’ “.

Zion’s Watch Tower,1° dicembre 1904, p. 3468


[SM=g1543902]

Bruno [SM=g1733271]
Citocromo c
00lunedì 29 dicembre 2008 12:46

Una festa pagana può diventare cristiana? (Torre di Guardia, 15 dic 2007)



Riformulo la domanda corretta: Che male c'è che una festa pagana sia stata spazzata via e sostituita da una festa cristiana?

[...]

Polemiche a parte, però, che origine hanno molte delle tradizioni natalizie? Mentre la discussione incalzava, il quotidiano vaticano, L’Osservatore Romano (20-21 dicembre 2004), ha fatto osservazioni molto interessanti.



Le polemiche, cara WTS, sei tu a farle. Anzi prendi la palla al balzo per mettere legna sul fuoco facendo credere ai tuoi associati che il Natale sia una festa pagana. Tradizioni natalizie??? Ma si parla del natale o delle tradizioni natalizie che non centrano niete con la festa religiosa??? [SM=x570872]


Per quanto riguarda la data in cui si celebra il Natale, il quotidiano cattolico ha scritto: “La vera data della nascita di Gesù è tutta, storicamente, sotto un velo di incertezza sia in relazione alla storia romana e al censimento imperiale di quell’epoca, che alle ricerche dei secoli successivi. . . . La data del 25 dicembre, com’è noto, è stata scelta dalla Chiesa di Roma fin dal IV secolo d.C. Questa data, nella Roma pagana, era dedicata al dio Sole . . . Anche se a Roma, per l’editto di Costantino, era già affermato il cristianesimo, era ancora diffuso, specialmente tra i soldati romani, il mito di Mitra . . . Le suddette festività, con al centro il 25 dicembre, erano molto radicate nelle tradizioni popolari e quindi la Chiesa di Roma pensò di dare alla data un senso religioso cristiano sostituendo al dio Sole, il vero Sole di Giustizia Gesù Cristo, quale giorno della Sua nascita”.



L'Osservatore Romano è molto chiaro. Cmq ripristiniamo quanto è stato sostituito dagli omissis (...) e leggiamo l'articolo per bene.
Inoltre il CD dovrebbe aver letto l'Articolo di Vittorio Messori tratto da Il Corriere della Sera del 9-07-2003!!! Per correttezza di informazione eccolo:
Il Ferragosto non è così lontano ed io devo fare ammenda. Succede, infatti, che in un momento di malumore - e proprio su questo giornale - abbia auspicato che la Chiesa si decida a una modifica del calendario: spostare al 15 di agosto quel che celebra il 25 di dicembre. Un Natale nel deserto estivo, argomentavo, ci libererebbe dalle insopportabili luminarie, dalle stucchevoli slitte con renne e babbinatali, persino dall'obbligo degli auguri e dei regali. Quando tutti sono via, quando le città sono vuote, a chi - e dove - mandare cartoline e consegnare pacchi con nastri e fiocchetti? Non sono i vescovi stessi a tuonare contro quella sorta di orgia consumistica cui sono ridotti i nostri Natali? E allora, spiazziamo i commercianti, spostiamo tutto a Ferragosto. La cosa, osservavo, non sembra impossibile: in effetti, non fu la necessità storica, fu la Chiesa a scegliere il 25 dicembre per contrastare e sostituire le feste pagane nei giorni del solstizio d'inverno. La nascita del Cristo al posto della rinascita del Sol invictus.
All'inizio, dunque, ci fu una decisione pastorale che può essere mutata, variando le necessità. Una provocazione, ovviamente, che si basava però su ciò che è (o, meglio, era) pacificamente ammesso da tutti gli studiosi: la collocazione liturgica del Natale è una scelta arbitraria, senza collegamento con la data della nascita di Gesù, che nessuno sarebbe in grado di determinare. Ebbene, pare proprio che gli esperti si siano sbagliati; e io, ovviamente, con loro. In realtà oggi, anche grazie ai documenti di Qumran, potremmo essere in grado di stabilirlo con precisione: Gesù è nato proprio un 25 dicembre. Una scoperta straordinaria sul serio e che non può essere sospettata di fini apologetici cristiani, visto che la dobbiamo a un docente, ebreo, della Università di Gerusalemme. Vediamo di capire il meccanismo, che è complesso ma affascinante. Se Gesù è nato un 25 dicembre, il concepimento verginale è avvenuto, ovviamente, 9 mesi prima. E, in effetti, i calendari cristiani pongono al 25 marzo l'annunciazione a Maria dell'angelo Gabriele. Ma sappiamo dallo stesso Vangelo di Luca che giusto sei mesi prima era stato concepito da Elisabetta il precursore, Giovanni, che sarà detto il Battista. La Chiesa cattolica non ha una festa liturgica per quel concepimento, mentre le antiche Chiese d'Oriente lo celebrano solennemente tra il 23 e il 25 settembre. E, cioè, sei mesi prima dell'Annunciazione a Maria.
Una successione di date logica ma basata su tradizioni inverificabili, non su eventi localizzabili nel tempo. Così credevano tutti, fino a tempi recentissimi. In realtà, sembra proprio che non sia così. In effetti, è giusto dal concepimento di Giovanni che dobbiamo partire. Il Vangelo di Luca si apre con la storia dell'anziana coppia, Zaccaria ed Elisabetta, ormai rassegnata alla sterilità, una delle peggiori disgrazie in Israele. Zaccaria apparteneva alla casta sacerdotale e, un giorno che era di servizio nel tempio di Gerusalemme, ebbe la visione di Gabriele (lo stesso angelo che sei mesi dopo si presenterà a Maria, a Nazareth) che gli annunciava che, malgrado l'età avanzata, lui e la moglie avrebbero avuto un figlio. Dovevano chiamarlo Giovanni e sarebbe stato "grande davanti al Signore". Luca ha cura di precisare che Zaccaria apparteneva alla classe sacerdotale di Abia e che quando ebbe l'apparizione "officiava nel turno della sua classe". In effetti, coloro che nell'antico Israele appartenevano alla casta sacerdotale erano divisi in 24 classi che, avvicendandosi in ordine immutabile, dovevano prestare servizio liturgico al tempio per una settimana, due volte l'anno. Sapevamo che la classe di Zaccaria, quella di Abia, era l'ottava, nell'elenco ufficiale. Ma quando cadevano i suoi turni di servizio? Nessuno lo sapeva. Ebbene, utilizzando anche ricerche svolte da altri specialisti e lavorando, soprattutto, su testi rinvenuti nella biblioteca essena di Qumran, ecco che l'enigma è stato violato dal professor Shemarjahu Talmon che, come si diceva, insegna alla Università ebraica di Gerusalemme. Lo studioso, cioè, è riuscito a precisare in che ordine cronologico si susseguivano le 24 classi sacerdotali. Quella di Abia prestava servizio liturgico al tempio due volte l'anno, come le altre, e una di quelle volte era nell'ultima settimana di settembre.
Dunque, era verosimile la tradizione dei cristiani orientali che pone tra il 23 e il 25 settembre l'annuncio a Zaccaria.
Ma questa verosimiglianza si è avvicinata alla certezza perché, stimolati dalla scoperta del professor Talmon, gli studiosi hanno ricostruito la "filiera" di quella tradizione, giungendo alla conclusione che essa proveniva direttamente dalla Chiesa primitiva,
giudeo-cristiana, di Gerusalemme. Una memoria antichissima quanto tenacissima, quella delle Chiese d'Oriente, come confermato in molti altri casi. Ecco, dunque, che ciò che sembrava mitico assume, improvvisamente, nuova verosimiglianza. Una catena di eventi che si estende su 15 mesi: in settembre l'annuncio a Zaccaria e il giorno dopo il concepimento di Giovanni; in marzo, sei mesi dopo, l'annuncio a Maria; in giugno, tre mesi dopo, la nascita di Giovanni; sei mesi dopo, la nascita di Gesù. Con quest'ultimo evento arriviamo giusto al 25 dicembre. Giorno che, dunque, non fu fissato a caso. Ma sì, pare proprio che il Natale a Ferragosto sia improponibile. Ne farò, dunque, ammenda ma, più che umiliato, piuttosto emozionato: dopo tanti secoli di ricerca accanita i Vangeli non cessano di riservare sorprese. Dettagli apparentemente inutili (che c'importava che Zaccaria appartenesse alla classe sacerdotale di Abia? Nessun esegeta vi prestava attenzione) mostrano all'improvviso la loro ragion d'essere, il loro carattere di segni di una verità nascosta ma precisa. Malgrado tutto, l'avventura cristiana continua.

(continua)

Citocromo c
00lunedì 29 dicembre 2008 13:02

Che dire dell’albero di Natale, ormai entrato a far parte della tradizione cattolica?

L’articolo del quotidiano cattolico ha messo in evidenza che nell’antichità molti sempreverdi “furono considerati, in buona parte, con significati magici o medicamentosi contro le malattie come l’agrifoglio, il pungitopo, l’alloro, i rami di pino o di abete”. L’articolo ha detto inoltre che, in seguito, “il giorno della vigilia, il 24 dicembre venivano ricordati i nostri progenitori Adamo ed Eva con il popolarissimo episodio dell’albero del Paradiso Terrestre . . . L’albero avrebbe dovuto essere un melo, ma siccome in inverno sarebbe stato inutilizzabile perché spogliato di foglie, sulle scene si metteva un abete e accanto ai rami, delle mele oppure, a significare il futuro avvento della Redenzione, delle ostie preparate con dei biscotti schiacciati con appositi stampi, simboli della presenza eucaristica di Gesù, e con dei dolcetti e doni per i bambini”. E in epoche successive?

Nel ricordare che della tradizione dell’albero di Natale vero e proprio si hanno le prime notizie nella Germania del XVI secolo, L’Osservatore Romano ha rilevato che “l’Italia fu una delle ultime nazioni ad accogliere l’albero di Natale anche per una diceria, diffusa abbastanza ampiamente, che l’albero fosse una usanza protestante e quindi da sostituire con il presepe”. Papa Paolo VI “ha iniziato la tradizione di innalzare accanto al grandioso presepe [in Piazza San Pietro, a Roma], un grande albero di Natale”.



CD, hai dimenticato un importantissimo particolare. L'albero di Natele con le luci è un simbolo che rappresenta Cristo "luce per illuminare le genti" (dice Simeone).


Secondo voi è sensato che un’autorità religiosa dia un apparente senso cristiano a ricorrenze o simboli che affondano le radici nell’antico paganesimo? A proposito del giusto atteggiamento da assumere, le Scritture ammoniscono i veri cristiani: “Quale associazione hanno la giustizia e l’illegalità? O quale partecipazione ha la luce con le tenebre?” — 2 Corinti 6:14-17.



No, non si deve confondere la festa del Natale con le tradizioni.
Ecco cosa dice del Natale Benedetto XVI (Udienza generale 17-12-2008):
Iniziano proprio oggi i giorni dell’Avvento che ci preparano immediatamente al Natale del Signore: siamo nella Novena di Natale che in tante comunità cristiane viene celebrata con liturgie ricche di testi biblici, tutti orientati ad alimentare l’attesa per la nascita del Salvatore. La Chiesa intera in effetti concentra il suo sguardo di fede verso questa festa ormai vicina predisponendosi, come ogni anno, ad unirsi al cantico gioioso degli angeli, che nel cuore della notte annunzieranno ai pastori l’evento straordinario della nascita del Redentore, invitandoli a recarsi nella grotta di Betlemme. Là giace l’Emmanuele, il Creatore fattosi creatura, avvolto in fasce e adagiato in una povera mangiatoia (cfr Lc 2,13-14).

Per il clima che lo contraddistingue, il Natale è una festa universale. Anche chi non si professa credente, infatti, può percepire in questa annuale ricorrenza cristiana qualcosa di straordinario e di trascendente, qualcosa di intimo che parla al cuore. E’ la festa che canta il dono della vita. La nascita di un bambino dovrebbe essere sempre un evento che reca gioia; l’abbraccio di un neonato suscita normalmente sentimenti di attenzione e di premura, di commozione e di tenerezza. Il Natale è l’incontro con un neonato che vagisce in una misera grotta. Contemplandolo nel presepe come non pensare ai tanti bambini che ancora oggi vengono alla luce in una grande povertà, in molte regioni del mondo? Come non pensare ai neonati non accolti e rifiutati, a quelli che non riescono a sopravvivere per carenza di cure e di attenzioni? Come non pensare anche alle famiglie che vorrebbero la gioia di un figlio e non vedono colmata questa loro attesa? Sotto la spinta di un consumismo edonista, purtroppo, il Natale rischia di perdere il suo significato spirituale per ridursi a mera occasione commerciale di acquisti e scambi di doni! In verità, però, le difficoltà, le incertezze e la stessa crisi economica che in questi mesi stanno vivendo tantissime famiglie, e che tocca l’intera l’umanità, possono essere uno stimolo a riscoprire il calore della semplicità, dell’amicizia e della solidarietà, valori tipici del Natale. Spogliato delle incrostazioni consumistiche e materialistiche, il Natale può diventare così un’occasione per accogliere, come regalo personale, il messaggio di speranza che promana dal mistero della nascita di Cristo.

Tutto questo però non basta per cogliere nella sua pienezza il valore della festa alla quale ci stiamo preparando. Noi sappiamo che essa celebra l’avvenimento centrale della storia: l’Incarnazione del Verbo divino per la redenzione dell’umanità. San Leone Magno, in una delle sue numerose omelie natalizie, così esclama: «Esultiamo nel Signore, o miei cari, ed apriamo il nostro cuore alla gioia più pura. Perché è spuntato il giorno che per noi significa la nuova redenzione, l’antica preparazione, la felicità eterna. Si rinnova infatti per noi nel ricorrente ciclo annuale l’alto mistero della nostra salvezza, che, promesso, all’inizio e accordato alla fine dei tempi, è destinato a durare senza fine» (Homilia XXII). Su questa verità fondamentale ritorna più volte san Paolo nelle sue lettere. Ai Galati, ad esempio, scrive: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge…perché ricevessimo l’adozione a figli» (4,4). Nella Lettera ai Romani evidenzia le logiche ed esigenti conseguenze di questo evento salvifico: «Se siamo figli (di Dio), siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria» (8,17). Ma è soprattutto san Giovanni, nel Prologo del quarto Vangelo, a meditare profondamente sul mistero dell’Incarnazione. Ed è per questo che il Prologo fa parte della liturgia del Natale fin dai tempi più antichi: in esso si trova infatti l’espressione più autentica e la sintesi più profonda di questa festa e del fondamento della sua gioia. San Giovanni scrive: «Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis / E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).

A Natale dunque non ci limitiamo a commemorare la nascita di un grande personaggio; non celebriamo semplicemente ed in astratto il mistero della nascita dell’uomo o in generale il mistero della vita; tanto meno festeggiamo solo l’inizio della nuova stagione. A Natale ricordiamo qualcosa di assai concreto ed importante per gli uomini, qualcosa di essenziale per la fede cristiana, una verità che san Giovanni riassume in queste poche parole: “il Verbo si è fatto carne”. Si tratta di un evento storico che l’evangelista Luca si preoccupa di situare in un contesto ben determinato: nei giorni in cui fu emanato il decreto per il primo censimento di Cesare Augusto, quando Quirino era già governatore della Siria (cfr Lc 2,1-7). E’ dunque in una notte storicamente datata che si verificò l’evento di salvezza che Israele attendeva da secoli. Nel buio della notte di Betlemme si accese realmente una grande luce: il Creatore dell’universo si è incarnato unendosi indissolubilmente alla natura umana, sì da essere realmente “Dio da Dio, luce da luce” e al tempo stesso uomo, vero uomo. Quel che Giovanni, chiama in greco “ho logos” – tradotto in latino “Verbum” e in italiano “il Verbo” - significa anche “il Senso”. Quindi potremmo intendere l’espressione di Giovanni così: il “Senso eterno” del mondo si è fatto tangibile ai nostri sensi e alla nostra intelligenza: ora possiamo toccarlo e contemplarlo (cfr 1Gv 1,1). Il “Senso” che si è fatto carne non è semplicemente un’idea generale insita nel mondo; è una “Parola” rivolta a noi. Il Logos ci conosce, ci chiama, ci guida. Non è una legge universale, in seno alla quale noi svolgiamo poi qualche ruolo, ma è una Persona che si interessa di ogni singola persona: è il Figlio del Dio vivo, che si è fatto uomo a Betlemme.

A molti uomini, ed in qualche modo a noi tutti, questo sembra troppo bello per essere vero. In effetti, qui ci viene ribadito: sì, esiste un senso, ed il senso non è una protesta impotente contro l’assurdo. Il Senso ha potere: è Dio. Un Dio buono, che non va confuso con un qualche essere eccelso e lontano, a cui non sarebbe mai dato di arrivare, ma un Dio che si è fatto nostro prossimo e ci è molto vicino, che ha tempo per ciascuno di noi e che è venuto per rimanere con noi. E’ allora spontaneo domandarsi: “E’ mai possibile una cosa del genere? E’ cosa degna di Dio farsi bambino?”. Per cercare di aprire il cuore a questa verità che illumina l’intera esistenza umana, occorre piegare la mente e riconoscere la limitatezza della nostra intelligenza. Nella grotta di Betlemme, Dio si mostra a noi umile “infante” per vincere la nostra superbia. Forse ci saremmo arresi più facilmente di fronte alla potenza, di fronte alla saggezza; ma Lui non vuole la nostra resa; fa piuttosto appello al nostro cuore e alla nostra libera decisione di accettare il suo amore. Si è fatto piccolo per liberarci da quell’umana pretesa di grandezza che scaturisce dalla superbia; si è liberamente incarnato per rendere noi veramente liberi, liberi di amarlo.

Cari fratelli e sorelle, il Natale è un’opportunità privilegiata per meditare sul senso e sul valore della nostra esistenza. L’approssimarsi di questa solennità ci aiuta a riflettere, da una parte, sulla drammaticità della storia nella quale gli uomini, feriti dal peccato, sono perennemente alla ricerca della felicità e di un senso appagante del vivere e del morire; dall’altra, ci esorta a meditare sulla bontà misericordiosa di Dio, che è venuto incontro all’uomo per comunicargli direttamente la Verità che salva, e per renderlo partecipe della sua amicizia e della sua vita. Prepariamoci, pertanto, al Natale con umiltà e semplicità, disponendoci a ricevere in dono la luce, la gioia e la pace, che da questo mistero si irradiano. Accogliamo il Natale di Cristo come un evento capace di rinnovare oggi la nostra esistenza. L’incontro con il Bambino Gesù ci renda persone che non pensano soltanto a se stesse, ma si aprono alle attese e alle necessità dei fratelli. In questa maniera diventeremo anche noi testimoni della luce che il Natale irradia sull’umanità del terzo millennio. Chiediamo a Maria Santissima, tabernacolo del Verbo incarnato, e a san Giuseppe, silenzioso testimone degli eventi della salvezza, di comunicarci i sentimenti che essi nutrivano mentre attendevano la nascita di Gesù, in modo che possiamo prepararci a celebrare santamente il prossimo Natale, nel gaudio della fede e animati dall’impegno di una sincera conversione.

CD, questo è il Natale. Inoltre sono d'accordo con quello che ha scritto berescitte. Cmq sotto sotto c'è sempre il tentativo di eliminare la divinità di Gesù.
[SM=x570901] [SM=g1543902]
(fine)
Vecchia Marziana
00lunedì 29 dicembre 2008 13:24
Re:
berescitte, 17/12/2008 18.19:

Per me i TG non festeggiano il Natale perché così ha deciso la loro Dirigenza.

E la Dirigenza ha deciso così perchè segue un principio non biblico ma psicologico.

Il Natale è la festa più calda e sentita a livello mondiale, si collega con le ferie dal lavoro, con le tredicesime che permettono di spendere per i regali, con la festa cittadina che si riflette per le vetrine, per le piazze, nelle varie iniziative di concerti, beneficenza, film scelti, musiche, luci, addobbi festosi per le vie, recite scolastiche, tregua nei conflitti...
E come fondo sostanzioso è che è una festa cristiana, inno alla bontà del Signore che si china sulla nostra miseria, invita alla conversione, alla pace, al perdono...
E PERCIO'
è l'occasione migliore perché i TG, incontrando i loro familiari non entrati nel movimento, ripensino (anche aiutati dalle lacrime dei loro bambini deprivati di tanta gioia), ripensino con nostalgia a quando erano tutti riuniti nelle famiglie e tra amici durante il lungo periodo che va da almeno metà dicembre all'Epifania.

Quindi il motivo per cui la Dirigenza ha preso tale decisione è proprio quella di impedire ai suoi adepti l'incontro con familiari e amici e di impedire loro che coltivino quello stesso entusiasmo per l'atmosfera natalizia che potrebbe indurli nella tentazione di tornare indietro.



Come sempre Berescitte ha colto nel segno.

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