Officina della poesia "Nicola Imbraguglio" Laboratorio poetico

le stelle brillano lontano

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    00 10/02/2011 01:31
    Andrea uscì dall'ufficio di collocamento. Saranno state le undici, undici e mezza.
    Non c'era lavoro, cazzo, non c'era! Lo cercava disperatamente, viveva da solo in un condominio della periferia sud della città, pagava 450 euro al mese escluse le bollette.
    Si riusciva a mantenere spacciando, faceva da corriere una volta a settimana per un gruppo della zona; ricavava 100 euro a viaggio, erano pochi per il rischio che correva, ma d'altro canto non trasportava così tanta droga da ricavarne di più. Oltre a questo lavoretto comprava 2 etti di fumo al mese a tre euro e mezzo al grammo rivendendolo a sei. Girava le piazzette e i bar rivendendolo in stecche da 10 grammi; riusciva a finire i due etti cinque o sei giorni prima di doverli riprendere, ci sapeva fare, si era programmato bene le giornate. Una tizia gli consigliava di prendere 3 etti e, con il suo aiuto, di spacciarli a 5 euro al grammo. “C'è da farci su un po' di soldi!” diceva questa tizia, “Si diventa i monopolisti del mercato! Gente a frotte, verrebbe!”...
    Ma Andrea non si faceva distogliere dai suoi programmi e continuava con il suo piano d'azione, a lui sembrava più sicuro, già collaudato, affidabile. E poi non gli andava per niente di avere un socio.
    Ci sapeva fare, lui. Non aveva bisogno di nessuno. Neanche di una donna.

    Era appena uscito dall'ufficio di collocamento e non aveva in mano niente. Niente lavoro, niente colloqui in fabbrica, niente di niente.
    Si fermò a sedere sulla panchina in fondo alla strada di casa sua, una vecchia panchina di legno piena di scritte del tipo GIORGIO FROCIO SUCCHIAPALLE o JESSICA AMA TADDEO o DUX MEA LUX. In giro non c'era nessuno, erano tutti altrove, uomini a lavoro, appollaiati in qualche circolo di bocce, a caccia, donne piegate sull'asse da stiro, bambini con gli orecchioni, mogli scopate da estranei in centinaia di stanze lontane. Si girò una canna e l'accese.
    Vide arrivare un piccolo furgoncino sporco di vernice che rallentò, si accostò davanti alla panchina spegnendosi e da cui scese Aldo.
    Aldo era un imbianchino che abitava con la moglie e tre figli davanti a casa di Andrea. Era imponente, alto, con un gran petto ed una gran pancia. Era quasi la metà del furgone, faceva impressione vedere tutta questa carne sporca uscire da quella scatoletta di camion.
    Quando Aldo scendeva, la parte anteriore del furgone si alzava di quattro centimetri abbondanti.
    “Ehi vecchio! Non s'imbianca oggi?”
    “Com'è, eh svanito?”
    “è lunga, stretta, fatta a barchetta, voglio comandarla a bacchetta come...”
    “Sì, piacciono anche a me gli OTR”
    “Spaccano”
    “Fammi fare due tiri, va...”
    Andrea passò la canna ad Aldo. Lui la bruciò eliminando il cucchiaio e diede un tiro.
    “Buona...”
    “Aldo hai sentito cos'è successo qua davanti?”
    “Della tipa di roma? Abitava al quinto piano proprio là” disse Aldo indicando il condominio alle sue spalle “a neanche duecento metri da noi...Ma la Piera dice che non è mai stata una donna a posto...”
    “Per la Piera non è mai nessuno a posto.”
    “Sarà… comunque ora la romana è in un ospedale, dice abbia dato di matto.”
    “E ti credo, ma ti rendi conto? Ha lanciato sua figlia fuori dal balcone... una bimba di sei mesi...”
    “Piera dice che era molto depressa e che lei non avrebbe mai lasciato la bambina da sola con la madre, neanche in caso...”
    “Che si fotta la Piera. Dammi il cannone”
    “Tieni... proprio buono questo fumello, ne hai un po' da vendere?”
    “Minimo dieci grammi. A sei.”
    “Cazzo Andre! Non sono mica un ragazzino! Fammelo a cinque...”
    “Dai... dammi i cinquanta...”
    Si scambiarono il fumo e i soldi. Aldo si piegò sull'orecchio di Andrea e bisbigliò (anche se non c'era nessuno intorno che potesse origliare): “Con 100 euro ti posso procurare l'esperienza più eccitante della tua vita... passa da me quando vuoi...”
    “Mi stai offrendo il tuo culone peloso, imbianchino?”
    “Non dire cazzate... vieni da me uno di questi giorni, ti procuro la passerina più calda e stretta della provincia...”
    “Vedrò. Ciao vecchio...”
    “Ciao, grande. Passa quando vuoi... Manuel chiede sempre di te, sei il suo mito.”
    Ripartì con il suo furgone pieno di vernice e mozziconi di sigarette, scuotendo il silenzioso vuoto della strada con il rumore dell'accensione.

    Ad Andrea non piaceva Manuel, uno dei tre figli di Aldo. Era un rompicoglioni monumentale ed aveva solo 14 anni. Chissà come sarebbe diventato da adulto...
    Si alzò dalla panchina, non aveva nessuna voglia di tornare nel suo appartamento, svoltò l'angolo e si diresse verso la fermata del pullman lì vicino.
    Gli piaceva andare in pullman, era rilassante. Si infilava le cuffiette e girava sulla linea 2 per i piccoli paesi del circondario, guardando le persone per strada, i venditori ambulanti carichi di borse, i cani che cagavano sul marciapiede...
    Non aveva impegni, voleva un lavoro ma non riusciva a trovarlo. Era inutile che girasse per gli alberghi e le ditte. Non c'era lavoro, per lui, poteva creparsene in un angolo per loro.
    Quindi si sedette e si lasciò cullare dal movimento del seggiolino per tutto il pomeriggio. Margine Coperta, Traversagna, Borgo a Buggiano, ecc.
    Passò le due ore più tranquille e dolci mai provate, nessuna ragazza lo aveva mai fatto sentire così a casa.

    Erano le 16 inoltrate quando tornò nel suo appartamento. Era ancora tutto lì: i maglioni, le stoviglie, il divano e tutto il resto. Che merda vivere così -pensava, che merda...
    Si mise a sedere davanti al tavolo di cucina, sembrava l'unico punto pulito della casa, era un'oasi protetta in un deserto buio; si rollò una canna, la accese e si spogliò. Rimase in mutande e calzini e come preso da un raptus da casalinga si mise a pulire, pulire, pulire. Come un pazzo.
    Pulì, riordinò, lavò i piatti i bicchieri e le posate, butto le bottiglie vuote lasciate in giro qua e là, lavò anche le magliette e l'intimo.
    Dopo tre ore l'appartamento sembrava nuovo, aveva cambiato persino la disposizione dei mobili.
    Mangiò un piatto di pasta ed uscì, erano circa le nove. Si era tirato a lucido, era messo giù da gara, aveva voglia di scopare. Ma dove avrebbe trovato una ragazza?
    Certe volte andava nei pub, le discoteche non gli piacevano, ma finiva sempre che si ubriacava da solo, non c'era nemmeno uno straccio di donna che si avvicinava a lui.
    Aveva120 euro in tasca, era carico come una bomba H. Dopo pochi passi bussò alla porta di Aldo.

    Aldo viveva con sua moglie Nina e i loro figli: Jacopo di 16 anni, Manuel di 14 e Aurora di 11.
    Jacopo lavorava in un albergo di Firenze come aiuto cuoco e tornava a casa il martedì, il suo giorno di festa. Era un ragazzino alto e magro, sembrava cattivo; era stato denunciato dai genitori di un suo compagno di classe. Sembra che davanti a tutta la classe Jacopo avesse picchiato quest'altro bambino e lo avesse costretto a mangiare del cibo per cani. La denuncia era stata ritirata in seguito alle scuse pubbliche di Jacopo al ragazzino, di fronte a tutta la scuola, genitori e bidelli compresi; gli altri compagni continuarono a chiamare questo tipo 'BAU BAU' fino alla fine dell'anno, ma loro non si dovettero scusare con nessuno.
    Manuel sembrava un cretino e probabilmente lo era. Passava ore ed ore davanti ai videogiochi, non sapeva fare un discorso sensato neanche concentrandosi; aveva un espressione idiota stampata sul viso, un sorrisetto ebete... Era irrequieto e viziato, Andrea non riusciva a stare più di mezz'ora con lui senza che gli venisse voglia di sbattergli la testa sul pavimento.
    Nina, la moglie di Aldo, era una donna sulla quarantina: ansiosa, depressa, totalmente sottomessa al marito. Aveva gli occhi chiari e grandi, degli occhi bovini, sempre sul punto di piangere ed un orzaiolo sulla palpebra sinistra. Aldo le allungava qualche ceffone ogni tanto ma non si può dire che proprio la picchiasse, ma è anche vero che lei faceva in modo di non farlo mai alterare.
    Andrea non riusciva ad immaginarli mentre scopavano, lui così brutale e lei così impaurita.
    Probabilmente lui la montava di forza, la metteva a quattro zampe e lo infilava dentro, mentre lei fingeva di provare piacere, con le lacrime che le riempivano gli occhi, chissà...
    Forse invece lei godeva di brutto e si faceva sbrodare in bocca risucchiando via tutto, come se quella roba fosse frappè alla vaniglia.
    Poi c'era Aurora.
    Lei aveva 11 anni, era ritardata. Aveva dei lunghissimi capelli castani che arrivavano all'altezza del culo, non riusciva a parlare, strascicava qualche parola incomprensibile sbavando e ridendo. Dipendeva dagli altri per mangiare, per pulirsi, per tutto. Una mente malata in un corpicino perfetto.
    Era bellissima ed orribile allo stesso tempo.

    Aldo aprì la porta e fece entrare Andrea. Jacopo sarebbe tornato il giorno dopo, Aurora era nella sua cameretta e Manuel giocava all' Xbox nella stanza che divideva con Jacopo. Nina era seduta in cucina. Si alzò di scatto appena vide Andrea:
    “Ohh, ciao Andrea, ohh scusa il disordine, vieni, vieni, siediti, vuoi qualcosa da bere? Ohhh...”
    Andrea si sedette mentre Nina gli versava una cheres, Aldo gridò “Manuel! Abbiamo da fare, qui. Chiudo la porta, non venire a rompere i coglioni. Capito?”
    “Mh”
    “RISPONDI! Capito o no?”
    “Si,si..”
    Aldo chiuse la porta di cucina e si sedette a tavola.
    “...testa di cazzo, come fa ad essere mio figlio un idiota così? OH, dammene una.”
    Nina “OH” diede una cheres anche a lui e restò in piedi con lo sguardo a terra.
    “Non dovresti trattarla così Aldo. E' una brava donna...” disse Andrea guardando Nina, lei ricambiò il suo sguardo con quegli occhi enormi e bagnati, per un attimo credette che lei si mettesse a muggire, o a guaire. Per fortuna restò zitta.
    “Ma no, lei sa che le voglio bene, vero amore?”
    “S..sii...”
    “Senti un po' Andrea, sei venuto per il divertimento o per dare giudizi su come tratto mia moglie?”
    “Tranquillo amico... dicevo così per dire... ora fumiamo questo torbone e intanto mi dici di chi si tratta. Non sarà mica quel troione che volevi appioppare ai ragazzi del bar? Era grassa, enorme.
    I ragazzi sono ancora lì che cercano il buco in mezzo a tutta quella ciccia.”
    “No, no... questa è roba che offro solo agli amici più stretti. Un buchetto tutto da scoprire. Ma ti serviranno 100 euro per questo giochino...”
    Andrea era un po' a disagio a parlare di queste cose con Nina presente, ma d'altro canto sapeva che doveva essere abituata a questo schifo di vita molto più di lui.
    “I 100 ce li ho” disse accendendo la canna e passandola ad Aldo “Spiega la faccenda.”
    “Aurora.”
    “Aurora?” chiese Andrea
    “Aurora.” rispose Aldo
    “Ma è ...vostra figlia... ha undici anni...”
    “Ha già fatto dei giri di prova.”
    “Con chi?”
    “Non dovrai dire niente in giro...”
    “Chi ci ha già scopato? Tu?”
    “Ma come osi?! No, io non l'ho mai toccata... un dottore pagava MOLTO BENE per una ragazzina vergine, lei non capisce niente di quello che le succede, l'hai vista!”
    “Sì, l'ho vista. Ma come fai a dire che non capisce quello che le succede?”
    “Io sono suo padre, lo so io quello che mi costano questi tre disgraziati, a me! Nina, diglielo tu che la bimba non capisce nulla!”
    “N..non.. No, non capisce nu... nulla.”
    “Sentito? Vieni, vieni con me...” e prese Andrea per il braccio, portandolo fino alla cameretta di Aurora.
    Aprì la porta ed entrarono, lui e Andrea, Nina era rimasta in cucina a rigovernare.
    Aurora era seduta sul tappeto, si muoveva male, ciondolando le braccia sui peluche a forma di giraffa, di orso e di altri animali. Era davvero una bella bambina, con i suoi capelli lunghissimi; aveva un pigiama rosa con delle scritte in rosso e in bianco.
    Aldo la prese da sotto le ascelle e la mise a sedere sul letto. Andrea era stordito, confuso, quasi non capiva quello che succedeva davanti a lui. Aldo lo guardò e disse: “Resta qui con lei, prova a parlarle, fai quello che credi. Se poi vorrai divertirti infili i 100 euro sotto la porta, io li prendo a vado in cucina. Hai tutto il tempo che vuoi.” poi se ne andò, chiudendo la porta della cameretta.

    Andrea era ancora sotto shock.
    Stava fermo davanti ad Aurora. Era la metà di lui. Annaspava con le dita davanti a sé, pronunciando incomprensibili sillabe tipo SCHH EIIHHS LUUU MHHOOO...
    Lui si scosse, come risvegliandosi da un ipnosi, e si piegò su di lei. Era inginocchiato a terra davanti a lei. Lei stava seduta sul letto e muoveva lo sguardo da una parete all'altra. I suoi lunghissimi capelli stavano fermi lungo la schiena, erano pettinati, puliti, intatti.
    “Ciao Aurora...
    Auuuroooraaa....guardami un po'...”

    -GHH I I UHH AHH

    “Auuuroooraaa.... caaapisci queeelloo che diiicooo?”

    -GGHHH MH MHFF

    “Proprio non ci sei eh... Che bei capeeelliii! Sì, sì beelliii.”

    -AààAHH MHMHMH

    “Ha ragione tuo padre, non capisci nulla.”

    La sua mano indugiava tra i capelli di Aurora, la fermò sul suo collo. Quella piccola gola... con una mano riusciva quasi a circondarla tutta. Aveva la pelle soffice, liscia.
    Andrea si stava eccitando di brutto, il suo uccello premeva con forza contro il cavallo dei pantaloni.
    Rimase qualche secondo immobile, in silenzio, mentre Aurora mugolava quelle sillabe prive di senso, poi staccò la mano dal collo di lei e le tolse il pigiamino rosa rosso e bianco.
    Sotto aveva solo una canotta bianca e delle mutandine gialle, consumate da chissà quanti lavaggi.
    Le tolse anche quelle. Vide quel piccolo bocciolo acerbo schiudersi davanti a lui. Era rosa, non ancora formato del tutto, ma si vedeva che era già stato forzatamente aperto. Incollò la sua bocca al quel buchetto senza forma e cominciò a leccare, a succhiare, a mordicchiare...

    -MMHHH AH HSSHH

    Lei era stesa sul letto con le braccia ripiegate sul petto, lui era in ginocchio per terra e la teneva per i fianchi. Si alzò e fece strisciare i soldi sotto la porta. Vennero presi e la luce del corridoio si spense.

    -SSHHH HII HII GGGH

    Era eccitato da impazzire, non ce l'aveva mai avuto così duro. Tirò giù i pantaloni e le mutande. Il suo cazzo irruppe nell'aria, puzzolente e orrendo. Sembrava enorme in confronto a lei. Si sputò sulla mano, lo lubrificò poi fece lo stesso con lei. Provò a metterlo dentro. Sembrava che non ci fosse verso. Non entrava.
    La prese in braccio, violentemente, la mise a cavalcioni su di lui e spinse. La punta riuscì ad entrare, piano, piano, piano, lo mosse indietro, poi avanti, riuscì ad entrare fino a metà.

    -GGHHH HHAAHHSSS

    Si sollevò in piedi, tenendo Aurora con le gambe divaricate, le teneva l'incavo delle cosce sopra l'incavo dei suoi gomiti, le mani da dietro sotto le sue ascelle. La teneva così, trafitta, muovendolo su e giù, su e giù, ormai era entrato fino in fondo. Dava colpi di reni sempre più veloci, sempre di più, lo faceva quasi uscire e poi lo ripestava dentro, con forza. Lei continuava a sembrare da un' altra parte con tutti i suoi GHH e MHH e SHHH. Lui aumentò il ritmo, aumentò, aumentò e venne, con tutta la sua carne dentro al buchetto di Aurora. Restò così: fermo, a chiappe strette, con quel braccio pulsante e tremendo dentro di lei per qualche secondo; poi lo fece uscire e adagiò lei sul letto, si rivestì, rivestì lei e se ne andò dalla stanza.

    -MMHH SSHHAAAHHIII GGHH

    Salutò appena Aldo, Nina era piegata sul tavolino, con la testa tra le braccia. Andrea si accese una sigaretta e uscì da quella casa.
    Alzò lo sguardo da terra e si trovò di fronte Manuel. Aveva gli occhi sconvolti, lo guardava fisso, con odio, persino la sua faccia imbecille sembrava cattiva. Lo guardava fisso, digrignando i denti.
    Andrea lo scansò e raggiunse casa sua, sentendosi sempre addosso quello sguardo.
    Entrò in casa, chiuse con due mandate, si spogliò e andò a pisciare. Si fermò davanti allo specchio del bagno. Non si faceva schifo, ne pena. Si sentiva come al solito, si era indifferente, tutto gli era indifferente. Si fece una canna e si sdraiò sul letto, fuori passava qualche macchina, alcune con la musica alta. I vicini quella sera non stavano litigando e le stelle brillavano lontane dal mondo, lontane da lui, lontane e in silenzio, brillavano, e basta.
    Il giorno dopo sarebbe tornato all'ufficio di collocamento, ora casa sua era pulita, anche i mobili
    avevano acquistato una nuova dinamica. Gli mancavano un po' di soldi, poi avrebbe trovato una donna, gli mancava un po' di fortuna, solo un poco.
    Si rigirò nel letto, spense la canna e guardò le stelle, aspettando d'addormentarsi.
    [Modificato da tiro stt 11/02/2011 17:21]
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    =PanFlute=
    Sesso: Maschile
    00 11/02/2011 13:21
    molto buono per me. spiazzante e allucinante come può essere la realtà. se posso, al tuo posto darei un'aggiustatina al primo blocco di dialoghi: i due sanno perfettamente cosa è successo, e così come lo hai impostato diventa un tantino surreale. forse potresti aiutarti di più col narratore onnisciente.


    a si biri.
  • tiro stt
    00 11/02/2011 17:18
    grazie per la lettura, proverò a lavorare sui dialoghi.
    Ti confido una strana situazione in cui mi sono trovato:
    Ho dato questo racconto ad un Signore che pubblica raccolte di narrativa, dopo qualche giorno mi dice "Ti basi su queste trovate macabre, troppo lontane dalla realtà per essere apprezzate dai giovani lettori. Voglio qualcosa che parli della loro realtà quotidiana, questo è troppo lontano."
    Mi precipito da lui con i ritagli di giornale da cui ho preso TUTTE le situazioni che si creano nel racconto, naturalmente sono eventi slegati tra loro, uno era sulla donna che butta il figlio dal balcone, uno sulla famiglia che faceva prostituire in casa la figlia ritardata, e così via.
    Lui gli da un'occhiata e mi fa: "Troppo comodo scrivere così, ci vuole anche un po' d'immaginazione..."
    E' stata la prima volta che ho mandato a cagare un uomo di sessant'anni.
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    Nihil.
    Sesso: Maschile
    00 11/02/2011 17:44
    Hai una buona mano Lorenzo, in prosa forse più che in poesia. Qui l'allucinazione è data dal reale, da un meccanismo perverso che porta l'uomo a fare il male senza alcuna volontà, come spinto da un'atavica forza d'inerzia. Mi piace perché non fai psicologia, morale né trai leggi universali dal marciume, lo metti giù così com'é, senza quel sottile compiacimento nell'abiezione che si legge fra le righe di Trocchi, Ballard e compagnia. Veramente bravo (fatto benissimo a mandare a cagare il sessantenne).

    "Il poeta è puro acciaio, duro come una selce" Novalis

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    =PanFlute=
    Sesso: Maschile
    00 11/02/2011 17:51
    un po' fuori dal mondo il tipo. forse pubblica solo narrativa di genere, alla moccia o similari. questo spiega in parte il perché la gente legge poco e guarda molto la tv, dove su queste vicende imbastiscono intere trasmissioni.

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    luigi38
    Sesso: Maschile
    00 19/08/2012 16:09

    Caro amico
    ho insistito e ho voluto leggere anche questo pezzo.

    Mi è piaciuto tanto che ho deciso di regalarti questa poesia di Simone Cattaneo :


    Stavo scrivendo una lettera a Dean Martin
    così per ragionare sui sistemi massimi dell’esistenza
    quando mi fermai e decisi di uscire di casa.
    Incontrai un tipo dai capelli fulvi e lo sguardo da assassino,
    allora intonai una vecchia ninnananna per rassicurarmi e
    deciso mi infilai nei cessi della stazione.
    Oltre ai soliti marchettari, puttane, spacciatori e compagnia bella
    vidi un tizio che inzuppava furtivo pane nell’orinatoio appena usato da altri
    per poi mangiarselo con gusto. Aspettai una buona mezz’ora fuori dai cessi
    prima che uscisse, volevo parlargli, chiedere spiegazione sulle sue direttive dietetiche
    e domandargli quale fosse la sua posizione sull’imminente invasione aliena e sui vegani in generale.
    Ma appena mi vide mi scambiò per un semplice marchettaro e lì per lì non sapendo cosa fare
    accettai. Per cento euro gli feci un pompino, e dopo una buona ora
    passata a sentire della musica
    metallara brasiliana mi fece il culo. Tornai a casa soddisfatto.

    ***.


    Simone Cattaneo è nato nel 1974 a Saronno (VA) ed è morto nella sua città nel settembre 2009.
    Sue poesie sono state pubblicate sulle riviste «Atelier», «La clessidra», «Hebenon», «Poesia», «Letture», «Graphie», «Tratti», «clanDestino», «La Mosca di Milano«, «Il primo amore» e «Ore piccole».
    È incluso nelle antologie: L’opera comune. Antologia di poeti nati negli Anni Settanta (Atelier, 1999), a cura di Giuliano Ladolfi; Dieci poeti italiani (Pendragon, 2002), a cura di Maurizio Clementi; Lavori di scavo. Antologia dei poeti nati negli anni ’70, Antologia web di Railibro 2004; e in 100 Poesie di odio e di invettiva, a cura di Antonio Veneziani (Coniglio Editore, 2007). Inoltre è presente nell’antologia curata da Davide Brullo, La stella polare. Poeti italiani dei tempi “ultimi” (Città Nuova, Roma ). Ha pubblicato due libri: Nome e soprannome (Edizioni Atelier, 2001 ) e Made in Italy (Atelier, 2008 ).


    luigi